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Ho intervistato mio figlio Lorenzo, lui è vegano (non denutrito😉) dalla nascita. Niente carne, pesce, formaggio e uova nella sua dieta, a volte mangia inavvertitamente torte, gelati o preparazioni che contengono uova o latte e non si strappa i capelli se succede, ma non vuole sentire parlare di frittate, bastoncini di pesce e cosce di pollo, perché il solo pensiero riguardo alla loro provenienza animale lo disturba.
Penserete che abbia subito un lavaggio del cervello, certo non nego che in qualità di genitori siamo suoi complici, ma se pensate che il suo atteggiamento mentale sia il risultato di continui condizionamenti sulla superiorità di una dieta vegana, siete fuori strada.
Il suo svezzamento è stato su base prevalentemente vegetale, dico prevalentemente, perché raramente provavo a infilare nella pappa merluzzo o ricotta (carne mai), ma istintivamente lui ha sempre preferito lenticchie, ceci e fagioli.
Crescendo, gli alimenti con cui ha preso naturalmente confidenza, sono state le verdure crude, la frutta, le zuppe e i chicchi. Questo non vuol dire che gli sia stato precluso a priori il mondo alimentare onnivoro: dai nonni ad esempio (con un misto di rassegnazione e apertura mentale) ha sempre visto sul tavolo grana e affettati. Ma anche assaggiandoli non ha mai trovato quei sapori interessanti, anzi con gli anni è arrivato addirittura a non sopportarli proprio.
Vi dico solo che Lorenzo non mangia neanche gli hamburger vegani perché gli ricordano la carne nel gusto e nella forma. La sua quindi più che una rigidità mentale è una questione istintiva.
Suo fratello Giulio, nato 3 anni dopo, ha ricevuto la stessa educazione alimentare vegana, ma non ha mai disdegnato i derivati animali quando fuori casa gli allungavano pizzette, polpette o frittatine. Ha assaggiato il prosciutto cotto per la prima volta a 5 anni e ora di tanto in tanto lo chiede nel panino. Lo mangia con grande soddisfazione nonostante subisca le vessazioni psicologiche del fratello: “Giulio lo sai che stai mangiando un maiale??”
Per quanto il prosciutto sia l’ultima cosa che acquisterei per i miei figli, sono consapevole che negarglielo del tutto produrrebbe l’effetto di renderglielo ancora più desiderabile.
Negli anni questo approccio morbido l’ho esteso anche al consumo di dolciumi e “junk food”, so che fanno male, loro a furia di sentirmelo dire sanno benissimo che fanno male, ma non per questo sono diventati dei totali tabù.
Credo fermamente che preservare un sano rapporto col cibo significhi anche non creare estremismi che potrebbero trasformarsi in atteggiamenti psicologici controversi, fosse anche il creare giudizi nei confronti di chi non si alimenta allo stesso modo.
L’esempio a casa è tutto, Lorenzo fuori dal contesto famigliare incontra magari qualche difficoltà ma sente che il suo è un valore identitario che gli appartiene completamente e non vi rinuncerebbe solo a causa delle resistenze esterne, siano queste delle derisioni di qualche adulto poco sensibile o gli sberleffi di qualche coetaneo carnivoro.
Un domani, come il fratello ha già fatto, sarà libero di mangiare ciò che vuole, ma il bagaglio di base se lo porterà dietro per sempre: cereali in chicco, verdure a foglia verde, legumi, semi oleosi, frutta… di fronte ad una dieta bilanciata non saranno certo un cornetto del bar o delle patatine fritte una volta ogni tanto ad innescare comportamenti scorretti. Anzi forse il segreto per diminuirne l’attrazione è proprio concederli di rado senza troppi sensi di colpa.
Le mense scolastiche sono poco orientate sul vegetale per andare incontro al gusto del “bambino medio” ma Lorenzo racconta sempre di quanto molti dei suoi compagni lo reputino fortunato ad avere nel piatto delle lenticchie il giorno in cui a loro viene servita la fesa di tacchino o il pesce lesso.
Sono felice che questa sua indole vegan, in parte appresa, in parte donata dal cielo, stia col tempo diventando un valore che lo potrà motivare ad essere un esempio positivo in un mondo che ha sempre più bisogno di esseri umani che rispettino ambiente, salute ed altri esseri viventi.